Nuove obbligazioni

sabato 14 maggio 2011

Soffre il commercio al dettaglio. La sorpresa è che soffre meno degli altri settori


LE PREVISIONI DEGLI ANNI SCORSI
E’ da parecchio che si sentono voci riguardo il declino delle piccole attività commerciali, ormai secondo molti declassate da supermercati, grandi catene ed in generale grande distribuzione.
Ma dopo tanti anni di crescita di nuovi centri commerciali, l’esperienza dice davvero questo?
E’ un po’ come la questione delle grandi città: tante comodità, ma alla fine i loro abitanti e soprattutto coloro che ci lavorano durante la settimana non vedono l’ora di trovare pace in località più piccole nei week end.
L’eterna lotta tra qualità e quantità, insomma.
E i centri commerciali sono davvero sostitutivi delle piccole attività, cosiddette di vicinato?
Se nei primi anni di insediamento della grande distribuzione sembrava positiva la risposta a questa domanda, ora forse non è nemmeno negativa, ma è necessario fornire un concetto diverso.
La GDO punta molto sulla quantità, ma è innegabile che non possa sostituire la qualità e la personalizzazione del servizio offerti dai negozi. Anzi, spesso la grande distribuzione manca di qualità, o perlomeno la qualità del servizio è fortemente standardizzata.
Ma l’aspetto che forse non potrà mai essere clonato dai grandi supermercati è la funzione di ritrovo e di riferimento che i piccoli negozi offrono agli abitanti ed ai clienti.
Insomma, un po’ come la grande città è fredda e anonima, così lo sono anche i grandi negozi della GDO, mentre soltanto un’attività di paese o di quartiere può essere più amichevole, come il bar sotto casa.
Si scopre allora che le due categorie di negozi non sono completamente in concorrenza, e che se ognuno lavora lealmente può sopravvivere, ed anzi soddisfare la domanda della clientela, che necessita sia di grandi che di piccole attività commerciali.

ANCHE I DATI ALLA FINE LO CONFERMANO
Notiamo che spesso le statistiche sul commercio al dettaglio venivano citate solo in valore assoluto, ma veniva trascurato il confronto con altri settori.
Questo confronto, come risulta da uno studio di Confcommercio, era ed è fondamentale.
In questo studio infatti si dice che, il piccolo commercio è in declino, ma addirittura meno di tanti altri settori, primo fra tutti l’industria.
Visto così il dato non stupisce nemmeno molto, in un periodo di crisi dove il dato è negativo per tutti o quasi.
Quindi nonostante il segno meno, il dato meno negativo del commercio al dettaglio finisce quasi per essere un risultato positivo.
Spesso il dato più considerato nell’analisi delle piccole imprese è quello della nascita di nuove imprese contro quello delle imprese che chiudono.
In questo frangente in effetti il saldo è negativo, con circa 130000 imprese che chiudono nel periodo di due anni, tra il 2009 ed il 2010, contro le circa 98000 nuove attività.
Quindi il bilancio è negativo per più di 30000.
Ma annebbiati da questo dato, si è probabilmente trascurato il fatto che il valore aggiunto creato da ogni occupato nel commercio al dettaglio è diminuito di circa l’1,5%, cifra in linea con tutto il resto dell’economia italiana.
Stupisce forse ancor di più il dato sull’occupazione: se l’industria ha perso addirittura il 10,5%, e la media nazionale è pari ad un -3,9%, il commercio al dettaglio ha perso ancora meno occupati, con un dato di -2,3%, sempre riferito al 2009-2010, anni come noto, di crisi economica.
Questo è ciò che Confcommercio ha rilevato nel suo studio, e che mostra un settore come previsto in sofferenza, ma non eccessivamente come molti potevano prospettare.
Ed anche alcune catene di supermercati sembrano aver capito che i clienti richiedono sempre di più un contatto più umano e vicino a casa, tanto da aprire nuove piccole filiali nei centri minori.